Nature: nuovo report a favore delle proteine vegetali
In un nuovo report pubblicato su Nature sustainability, un gruppo di studiosi ha stabilito che il passaggio verso una dieta a base vegetale entro il 2050 potrebbe farci risparmiare tra i 332 e i 547 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Questo ci porterebbe a un passo dal raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi, con una probabilità del 66% di limitare il riscaldamento globale entro 1,5 °C.
Un impatto insostenibile
Lo studio in questione spiega che gli alimenti di origine animale, come carne e latticini, hanno una grande impronta in termini di consumo di suolo, nonché di acqua ed emissioni di anidride carbonica. Quasi il 90% dell’energia contenuta nel cibo ingerito dagli animali viene persa per mantenerli in vita: in questo modo, tra pascoli e terreni coltivati a mangimi, gli animali da reddito sfruttano oltre l’80% delle terre agricole del pianeta, mentre producono solo il 18% del fabbisogno calorico globale e il 37% delle proteine.

© The Guardian
Il ripristino degli ecosistemi naturali è fortemente limitato dalla produzione di cibo, che costituisce il maggior utilizzo di terra da parte dell’umanità. La produzione alimentare causa un carbon opportunity cost, che rappresenta il potenziale di rimozione di ogni terreno.
A quanta CO2 rimossa in modo naturale da parte degli ecosistemi stiamo rinunciando con la nostra alimentazione?
L’entità del potenziale dipende da due fattori: la vegetazione di partenza dell’ecosistema (una foresta pluviale elimina più CO2 di un campo coltivato) e il tipo di cibo prodotto sul terreno lavorato (carne e latticini inquinano più di tutto il resto). Calcolando l’impatto dell’allevamento sulla produzione di cibo, gli studiosi hanno evidenziato che i pascoli rappresentano la maggior parte (72%) del carbon opportunity cost delle proteine animali, mentre il restante 28% è invece costituito dai terreni adibiti alla produzione di mangime.
L’alternativa c’è
Un’alimentazione a base di verdure, legumi, cereali e frutta richiede invece meno risorse, perché viene eliminato un passaggio intermedio che non è necessario. Le risorse di cui ha bisogno l’animale per crescere potrebbero essere impiegate direttamente per l’alimentazione umana, che ne beneficerebbe anche in termini di salute.

I ricercatori aggiungono che la probabilità di limitare e non superare la temperatura globale oltre la soglia di 1,5°C aumenta di pari passo con il raggiungimento, prima del 2050, delle emissioni zero. Queste si ottengono quando la quantità di emissioni di anidride carbonica viene equilibrata dalla capacità del pianeta di riassorbirle. L’assorbimento di CO2 si satura dopo circa 25 anni per le foreste tropicali e circa 30 anni per le foreste temperate. Cambiare la nostra alimentazione e l’uso che facciamo delle terre agricole entro i prossimi vent’anni può aiutarci a raggiungere le emissioni zero entro il 2050.
Negli ultimi anni, sempre più ricerche concludono che la vita sul pianeta è a rischio e per evitare il collasso dell’ecosistema dobbiamo diminuire in maniera drastica il nostro consumo di prodotti animali. Il riscaldamento delle temperature globali comporta l’innalzamento del livello del mare, l’incremento delle ondate di calore e dei periodi di siccità, delle alluvioni, l’aumento per numero e intensità delle tempeste e degli uragani. Anche la comparsa delle zoonosi, le malattie che compiono il salto di specie e che, come il Covid-19, diventano pericolose pandemie, dipende dal consumo di animali.
Limitare l’intensità di questi fenomeni è possibile: basta cambiare la nostra alimentazione. MenoPerPiù offre un supporto gratuito alle aziende che scelgono di promuovere le proteine vegetali come alternativa sana e sostenibile in ogni pausa pranzo, perché there is no planet B.