Nella mensa della John Cabot University ci sono sempre più piatti vegetali
Questa è la storia di come un gruppo di studenti possa agire per il bene della collettività e per la tutela del pianeta, e di come un ateneo attento ai propri iscritti e in ascolto delle loro richieste si dimostri un innovatore.
La richiesta degli studenti
Il club Grassroots, gruppo studentesco della John Cabot University, la principale università americana in Italia, si occupa di promuovere una maggiore consapevolezza climatica e ambientale all’interno dell’ateneo attraverso iniziative di vario genere.
Qualche mese fa, il club ha deciso di coinvolgere MenoPerPiù per aumentare le proposte vegetali in mensa. Una scelta in linea con le indicazioni della comunità scientifica internazionale, che invita a preferire le proteine vegetali al posto di quelle di origine animale, in quanto a minore impatto idrico, carbonico ed ecologico.
L’iniziativa studentesca è stata accolta in modo positivo sia dall’università che dal Tiber Café, la mensa del campus a Trastevere, che da sempre si contraddistingue per la qualità delle preparazioni e una grande varietà di scelte, allineate con il fatto di ricevere ogni giorno studenti provenienti da tutto il mondo e con diverse esigenze alimentari.

La formazione di MenoPerPiù
La nostra collaborazione si è concretizzata in una giornata di formazione pratica ai cuochi e alle cuoche del Tiber.
Lo chef Emanuele Giorgione ha illustrato come realizzare una maionese vegetale con l’acqua di cottura dei ceci, in gergo aquafaba, ingrediente versatile, privo di allergeni e a costo zero. Oltre alla salsa, abbiamo affrontato le tecniche di realizzazione di burger e polpette a base di legumi, una cottura aromatica delle verdure per il cous cous alla magrebina e anche la realizzazione di un dolce, una panna cotta senza glutine con salsa al cioccolato.

Il team del Tiber si è dimostrato attento e già molto competente sulle tematiche affrontate: tra i loro best seller troviamo i pomodori ripieni di riso, la pasta al ragù di soia, l’hummus di ceci con falafel e anche piatti a base di tofu.
Oltre alla pratica, abbiamo avuto un lungo momento di confronto sul perché sia sempre più importante, oggi, ampliare il settore vegetale del proprio menù. Le motivazioni non sono solo climatiche, ma anche di salute pubblica e di mercato.
Infatti, da un sondaggio interno alla John Cabot University, al quale ha risposto un campione di 219 persone, è emerso che quasi uno studente su tre preferisce orientarsi su piatti senza carne, definendosi vegan, vegetariano o flexitariano.
Perché innovarsi
La scelta in favore del clima appare ancora più logica se si pensa che le mense universitarie sono rivolte a una fascia della popolazione giovane, attenta e partecipe delle questioni ambientali, già orientata verso un’alimentazione il più possibile plant-based.
Sappiamo inoltre che un’alimentazione basata su cereali, legumi, frutta e verdura si è dimostrata essere la più protettiva nei confronti delle patologie cardiovascolari, prima causa di morte nei paesi ad alto reddito.
Negli ultimi mesi, per questi motivi, molte università americane hanno annunciato di voler modificare il menù della propria mensa. L’obiettivo comune è quello di aumentare le proposte vegetali, note per avere un ridotto impatto ambientale rispetto alle proteine animali.

A breve, un piatto su due nella maggior parte delle mense universitarie statunitensi sarà vegetale: si può riassumere così l’impegno di moltissimi atenei, come la University of Michigan (il 55% del menu sarà plant-based entro il 2025), i 250 campus serviti dalla società di catering Aramark (44% del menù entro il 2025) e tutti quelli serviti da Sodexo (42% entro il 2025).
Nel giro di pochi anni, la ristorazione collettiva dovrà affrontare un grosso rinnovamento. Siamo felici di supportare con la nostra esperienza le realtà più lungimiranti, come il Tiber Café della John Cabot University, con la certezza che sarà d’ispirazione per molte altre.