Mense per il clima

Chiedi menù più vegetali nelle università

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Come ci dicono gli scienziati, integrare le proposte vegetali nel menù è lo strumento più efficace per frenare la crisi climatica, oltre che per migliorare i problemi di salute pubblica. La produzione di carne e derivati animali è infatti un sistema inefficiente, responsabile di emissioni di gas serra, deforestazione, spreco di acqua potabile e terre agricole.

Vogliamo mense universitarie attente all’ambiente, alla salute e alle scelte degli studenti. Chiedi anche tu che almeno il 50% dei menu siano vegetali!

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Cosa ne pensano studenti e studentesse

Chi siamo

MenoPerPiù è un programma che aiuta le università a migliorare il proprio profilo in termini di sostenibilità ambientale, agendo sulla mensa.

Ci occupiamo di formazione teorica e pratica: tramite webinar e conferenze sensibilizziamo sul rapporto tra cibo, salute e crisi climatica, mentre con il training degli chef ci assicuriamo che in mensa ci siano proposte vegetali di sicuro successo.

Scopri di più

La tua università sta rispondendo alle esigenze della popolazione studentesca?

26%
della popolazione italiana sta eliminando o riducendo il consumo di carne (Nomisma "Osservatorio The World After Lockdown", giugno 2021)
88%
della popolazione italiana fa scelte sostenibili quando acquista prodotti alimentari e bevande (Osservatorio Sostenibilità Nomisma "La sostenibilità nella quotidianità degli italiani", Consumer Survey agosto 2021)
1,5
milioni di italiani seguono una dieta vegana (Nomisma "Osservatorio The World After Lockdown", giugno 2021)
Casi studio

Berlino

Gli studenti hanno chiesto e ottenuto una riduzione di carne e pesce nelle 34 mense e caffetterie delle quattro università della città. Il 96% del menù diventerà a base vegetale.

Regno Unito

11 università, tra cui Goldsmiths, Cambridge e University of London hanno ridotto o eliminato la carne rossa per ragioni ambientali.

Toscana

Da novembre 2022 a Firenze, Siena e Pisa ogni giorno almeno un primo, un secondo e tutti i contorni sono vegetali. (leggi di più)

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10 risposte semplici
per capire l’importanza di questo progetto

  • La carne è davvero un problema ambientale?
    • Sì. Considera che sulla Terra siamo 8 miliardi di persone (e saremo 10 miliardi nel 2050) e dovremmo garantire cibo per tutti, senza sprechi. E considera anche che la terra e l’acqua sono due risorse finite.
      Ogni anno in tutto il mondo macelliamo oltre 80 miliardi di animali (pesci esclusi), che durante la loro vita richiedono una quantità esorbitante di acqua e di mangime. Produrre cibo per 80 miliardi di animali all’anno non è uno scherzo, e infatti abbiamo fatto male i conti: anziché usare lo spazio a nostra disposizione per coltivare cereali, legumi, frutta e verdura in abbondanza per tutti, abbiamo destinato l’83% di tutte le terre agricole globali alla produzione di carne. E ne mangiamo davvero troppa.
  • L’allevamento degli animali è davvero insostenibile in caso di siccità?
    • Sì. L’allevamento richiede una cospicua quantità di acqua, necessaria per far crescere il mangime nei campi, abbeverare gli animali, diluire le loro feci e pulire durante la macellazione. Si stima che un singolo burger di manzo richieda 2350 litri, cioè la stessa acqua che un essere umano beve in tre anni. Normalmente l’acqua usata in agricoltura dovrebbe essere piovana ma, in tempi di siccità come quelli vissuti recentemente in Italia, sempre più spesso è acqua dolce.
      In Italia, ogni giorno, ognuno di noi consuma più di 6300 litri di acqua: per l’89% dipendono da quello che mangiamo, soprattutto derivati animali (che valgono 3150 litri al giorno). La prossima volta che qualcuno dice che per risparmiare acqua basta non farsi la doccia o cambiare meno le mutande, sai cosa rispondere!
  • La carne è collegata alla produzione di gas serra?
    • Sì. Gli allevamenti sono responsabili del 15% delle emissioni di gas serra riconducibili all’attività umana. Le emissioni derivano soprattutto dai ruminanti come i bovini (vitelli, manzi e vacche da latte) che ospitano nei loro stomaci dei batteri che producono metano, un gas fortemente climalterante.
      I gas serra presenti nell’atmosfera sono oggi ai massimi storici: non è mai successo, in tutta la storia terrestre, che la CO2 raggiungesse la concentrazione di 418 ppm (parti per milione). L’anidride carbonica e gli altri gas trattengono il calore irradiato dal sole e fanno aumentare la temperatura globale, potenziando la crisi climatica.
  • Non ci sono tematiche più urgenti da affrontare?
    • No. Il cambio dell’alimentazione rientra tra le misure più urgenti e necessarie, e bisogna parlarne nel modo giusto. Modificare la propria alimentazione non richiede particolari investimenti, al contrario di cambiare automobile o fonte energetica, e riguarda tutti almeno tre volte al giorno. Al tempo stesso, non è corretto né sufficiente parlare di responsabilità del singolo, se poi gli appalti delle mense pubbliche favoriscono questo sistema produttivo proponendo solo piatti con ingredienti di origine animale. Servono politiche integrate per promuovere le proteine vegetali (anche dal punto di vista economico) nei luoghi in cui si concentrano migliaia di pasti al giorno.
  • Mangiare vegetale cambia concretamente qualcosa?
    • Sì. Lo dicono l’IPCC, la commissione EAT-Lancet e centinaia di studi. Si stima che se il mondo diventasse vegan, si avrebbe una diminuzione delle emissioni di quasi 8 miliardi di tonnellate di gas serra all’anno (l’equivalente delle emissioni annuali di India e Stati Uniti).
      Una ricerca recente afferma che se i paesi più ricchi (di cui l’Italia fa parte) diminuissero il loro consumo di carne almeno della metà, il settore agricolo diminuirebbe le proprie emissioni del 61% e servirebbe meno terra per coltivare soia e altri mangimi. Tolti i campi da coltivare per il sostentamento umano, rimarrebbe comunque un’area più grande di tutta l’Unione Europea che potrebbe ritornare al suo stato naturale, con piante selvatiche e alberi in grado di catturare almeno 100 miliardi di tonnellate di CO2 dall’atmosfera entro il 2100. Questo rappresenterebbe un bell’aiuto per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
  • Se sostituisco la carne rossa con la carne bianca ho risolto il problema?
    • No. Polli e tacchini sono alimentati con mangimi prevalentemente a base di soia, così come i maiali. Dato che consumiamo sempre più carne bianca, abbiamo sempre più bisogno di terreni per coltivare la soia, e questo rappresenta una delle spinte principali per la deforestazione.
      Ogni anno perdiamo una superficie di foresta tropicale grande come l’Islanda, il che comporta anche una perdita di biodiversità e di capacità di assorbire la CO2 dell’atmosfera (si parla infatti di polmone verde).
      A questo si aggiunge il rischio di zoonosi (vedi l’aviaria) e l’inquinamento di aria, acqua e suolo con le deiezioni degli animali, che sono semplicemente troppe da smaltire, a causa del sovraffollamento degli allevamenti intensivi.
  • Pesce, uova e formaggi sono la soluzione a minore impatto ambientale?
    • No. La soluzione migliore sono sempre le proteine vegetali, perché noi mangiamo direttamente il prodotto dei campi, anziché usarlo per allevare animali.
      La produzione di proteine animali richiede da 2 a 17 volte più terra rispetto all’equivalente di proteine fornite dai vegetali: un ettaro coltivato a cereali fornisce cinque volte più proteine di un ettaro destinato alla produzione di mangime, i legumi ne forniscono dieci volte di più.
      Gli animali hanno bisogno di nutrirsi per svilupparsi, com’è logico, ma solo una parte del cibo che ingeriscono viene usata dal loro organismo per la crescita della struttura corporea, mentre il resto viene bruciato, ad esempio, per il mantenimento delle normali funzioni vitali o per lo svolgimento delle attività quotidiane.
      Oltre a questo, devi considerare tutte le altre conseguenze, ambientali e sanitarie: spopolamento degli oceani, antibiotico resistenza, perdita di biodiversità, eutrofizzazione, inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua, etc.
  • La carne è fondamentale in una sana alimentazione bilanciata?
    • No. La piramide alimentare della dieta mediterranea è basata sugli alimenti vegetali, che sono quelli che dovresti mangiare tutti i giorni: verdura, frutta, cereali, legumi, semi oleosi e olio extravergine di oliva. Man mano che sali lungo la piramide, incontri i cibi di origine animale come formaggi, uova, pesce e carne, che vanno consumati più raramente durante la settimana – ma che se non ci sono, non è un problema per la salute, anzi!
      In cima, insieme ai dolci (ebbene sì, biscotti e merendine ogni giorno non sono una passeggiata di salute) c’è proprio la carne rossa, cioè quella di manzo, vitello e maiale, che dovresti mangiare al massimo una volta alla settimana.
      I salumi invece nella piramide non ci sono nemmeno, perché sono stati classificati come cancerogeni dalla IARC (il ramo dell’OMS che si occupa di ricerca sul cancro).
      La posizione in cui compaiono questi alimenti nella piramide la dice lunga sui loro benefici a lungo termine sulla nostra salute – e i vegetali vincono a mani basse!
  • Acquistare a km zero è la soluzione migliore?
    • No. Comprendendo il trasporto, la produzione e il cambiamento dell’uso del suolo, il sistema globale del cibo contribuisce per il 30% circa alle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo. E in questo totale quelle del trasporto contano meno di tutte le altre, circa un quinto. Secondo uno studio pubblicato nel 2022 le quantità e le condizioni di trasporto – quali l’uso di veicoli refrigerati – rendono i prodotti freschi come frutta e verdura quelli che più contribuiscono alle emissioni nel trasporto, ma d’altro canto per la produzione è sempre la carne e l’allevamento a farla da padrona nel generare emissioni.
      Per cui la soluzione raccomandata dalla scienza è: più proteine vegetali (per ridurre le emissioni legate alla sfera produttiva) e più scelta di prodotti locali per verdura e frutta (per ridurre le emissioni legate ai trasporti).
  • È possibile rendere la mensa universitaria più vegetale?
    • Sì. A Berlino gli studenti hanno chiesto e ottenuto una vera e propria rivoluzione nelle mense dell’università: carne e pesce compaiono ora solo raramente, pari a circa il 4% del menù. Anche nel Regno Unito molte università hanno eliminato la carne per ragioni ambientali: Goldsmiths, Cambridge e University of London, ad esempio.
      Negli Stati Uniti, le due più importanti società di catering (Aramark e Sodexo) hanno annunciato che entro il 2025 serviranno moltissimi piatti vegetali, che andranno a costituire, rispettivamente, il 44% e il 42% dei loro menù universitari.
      L’insostenibile impatto ambientale delle proteine animali è oggi a tutti gli effetti una tematica affrontata con serietà da parte delle istituzioni che vogliono perseguire la strada della neutralità climatica – o che, almeno, vogliono provarci.
      Infatti, il cibo è la leva più importante per ottimizzare sostenibilità ambientale e salute umana, ed è anche l’unico elemento che connette tutti gli SDGs dell’Agenda 2030, come afferma il prof. Johan Rockström, scienziato svedese riconosciuto internazionalmente per il suo lavoro sulla sostenibilità.