Ecco le nuove proposte del Ministero della Salute per la ristorazione collettiva
Risale a metà gennaio la pubblicazione della nuova proposta per le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica”. L’iter adesso prevede, prima della conferma che andrebbe ad aggiornare e sostituire l’edizione del 2010, il momento della trafila interministeriale: non è ancora detta l’ultima parola, quindi. A differenza delle precedenti Linee del 2010 dedicate specificatamente alla ristorazione scolastica, questa volta il Ministero della Salute ha voluto accorpare in unico testo le tre tipologie di ristorazione collettiva. Perché?
La ristorazione collettiva rappresenta circa il 50% dell’intero comparto alimentare, dato che deve essere necessariamente ricollegato alla fotografia dell’Italia di oggi. Come si legge nel testo, in tutto il Paese persistono infatti forti criticità nello stato di nutrizione (sia in eccesso che in difetto) della popolazione scolastica e dei soggetti istituzionalizzati, probabilmente perché le mense si sono concentrate troppo sull’aspetto alberghiero (con risultati nemmeno troppo felici, inutile negarlo), dimenticandosi della salute. Queste linee guida vogliono sottolineare il ruolo sanitario della ristorazione collettiva in generale, ponendo come modello la dieta mediterranea, caratterizzato dalla grande prevalenza di prodotti di origine vegetale e da un consumo moderato di ingredienti di origine animale. Peccato che, nel corso nel documento, si vedrà come le buone intenzioni siano in netto contrasto con gli esempi pratici.
Il piatto unico
Finalmente, le linee guida incentivano i piatti unici, il consumo di ortaggi (meglio se freschi), di legumi e di frutta fresca. La proposta del piatto unico “va sostenuta con un’informazione adeguata agli utenti e alle famiglie, alle quali andrebbe anche indicato come completare la giornata/settimana alimentare”. Fin qua, tutto (molto) bene.
L’adozione di un piatto unico può favorire l’adozione di corrette abitudini alimentari da mantenere auspicabilmente anche a casa e può “semplificare per razionalizzare” il lavoro delle cucine. Lo spazio dei secondi piatti (carni, pesce, uova, formaggi) è significativamente ridotto a favore di alimenti di origine vegetale (legumi, ortaggi in particolar modo).
Cap. E – Nutrizione clinica e preventiva (pag 25)
Noi sosteniamo con convinzione questo modello, già promosso e teorizzato dalla Harvard T. H. Chan School of Public Health, data la sua praticità ed efficacia nel bilanciare i pasti. Quello che salta all’occhio, qui, è che i legumi vengono però considerati come contorno e non come secondo piatto. Un errore che porterà, tra le altre cose, alla definizione di un menu ospedaliero surreale, come vedremo più avanti.
Educazione alimentare e sostenibilità
In ambito scolastico, la ristorazione collettiva è “un’occasione importante per educare i bambini e i ragazzi alla scelta e al consumo consapevole di cibi sicuri, buoni e sani, provenienti da filiere legali e sostenibili per l’ambiente, la società e l’economia”. I programmi di educazione e comunicazione diventano quindi leve strategiche per generare risultati positivi a breve e lungo termine. Per fare questo, devono mantenere una loro continuità nel tempo grazie alla creazione e alla coordinazione di reti stabili tra attori pubblici e privati. Diventa quindi fondamentale la formazione continua di tutto il personale che ruota intorno alla somministrazione dei pasti, dai cuochi agli insegnanti, affinché il pranzo a scuola diventi un momento educativo a tutti gli effetti.
Attraverso l’educazione alimentare è anche possibile contribuire a far crescere, soprattutto nelle giovani generazioni, la consapevolezza del quotidiano esser parte di una comunità, locale e globale. A tal fine è del tutto indispensabile, per se stessi e per la collettività, sviluppare un’adeguata sensibilità ai temi della sostenibilità, del benessere personale e collettivo, dell’adozione di corretti stili di vita, nonché della prevenzione e la conveniente comprensione del processo di nutrizione personale, delle funzionalità e necessità di tutelare territori produttivi, filiere e sistemi alimentari, della stagionalità e tipicità dei prodotti alimentari, dei consumi responsabili e allo sforzo di contenere gli sprechi e l’uso di risorse non rinnovabili o difficilmente smaltibili, oltre che dei contesti economici, etici e sociali entro i quali si muove nel suo complesso il Sistema Cibo.
Allegato 2 – Aspetti della ristorazione scolastica nell’educazione alimentare
L’idea della sostenibilità deve entrare a far parte del concetto odierno di qualità del cibo. E non potrebbe essere altrimenti, in una scuola che si rivolge alle generazioni che vivranno in uno scenario caratterizzato dall’emergenza climatica e ambientale.
Discrepanze
Tra il dire e il fare, specialmente quando si parla di alimentazione, ci sono di mezzo interessi scottanti e una scarsa conoscenza della letteratura scientifica in tema di sostenibilità e salute (soprattutto se le due variabili sono combinate). Ecco quindi che la dieta mediterranea viene vista come modello più sostenibile in assoluto, quando in realtà una dieta vegetale è molto meno inquinante, stando ai dati dell’IPCC dell’agosto 2019 (quindi, i più aggiornati).

Ecco che, tra gli spuntini previsti in una dieta ospedaliera, figurano “bevande caloriche (latte, succhi di frutta), alimenti al cucchiaio (creme o budini, mousse o omogeneizzati), alimenti da forno, monoporzioni di marmellata, cioccolato, formaggio, etc”. Non certo una passeggiata di salute: la frutta e la verdura, tanto sane quanto sostenibili, dove sono finite?
E ancora: nella giornata alimentare per il vitto comune (si chiama così il pasto ospedaliero standard), i legumi non sono mai esplicitati. In compenso, tra i possibili secondi, figurano cinque piatti di carne, uno di pesce e due di formaggi, più due piatti del giorno, che siamo pronti a scommettere saranno a base di proteine animali. Forse gli autori non sanno che i legumi sono il secondo piatto con il minore impatto ambientale e con i maggiori benefici per la salute in termini di prevenzione delle malattie non trasmissibili. Peccato, perché nel testo si è data ampia risonanza all’esigenza di aumentare il consumo di prodotti vegetali, ma viene a mancare la capacità di tradurli in direttive pratiche.

Un ultimo esempio: nell’allegato 8 vengono indicati alcuni elementi qualitativi dei servizi di ristorazione collettiva. Nell’area impatto ambientale figurano “l’utilizzo di approvvigionamenti locali, di attrezzature specifiche per la tipologia di cottura applicata e relativo contenimento dei consumi energetici, le procedure di riciclo degli scarti (alimentari e non) in prodotti utili al di fuori della ristorazione collettiva”. Nessuna voce sugli impatti dei prodotti animali, che generano tra il 12 e il 17% delle emissioni di gas serra nell’Unione Europea.
Potremmo andare avanti ancora sulle incongruenze di questo documento nato già obsoleto, ma decidiamo di fermarci e sperare che vengano adeguatamente revisionate prima della loro pubblicazione ufficiale.
Vogliamo invece citare e consigliare la lettura della bella lettera aperta al Ministero della Salute da parte della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, della quale riportiamo uno stralcio.
Contestiamo innanzitutto la dichiarazione errata: “Da notare che le motivazioni salutistiche o ambientali che portano ad adottare modelli diversi da quello mediterraneo spesso non sussistono” per la quale vengono citati solo due articoli non consistenti con la mole della letteratura disponibile, che invece sostiene i vantaggi sia ambientali che salutistici di modelli alimentari a base di cibi vegetali. […] Ricordiamo a questo proposito la presa di posizione di 100 scienziati europei, che analizza in dettaglio i vari aspetti della nutrizione a base vegetale nel bambino e nella madre, proponendo informazioni aggiornate sulla sicurezza, completezza e salubrità delle diete a base vegetale in questi stadi del ciclo vitale. Ancora più abbondante è la letteratura scientifica sui benefici salutistici per l’adulto. La scelta di un menù a base vegetale ha quindi diritto di comparire come opzione in ogni menù offerto dalla ristorazione collettiva, come previsto dalle norme attualmente in vigore.
Il Direttivo di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana – SSNV
Infatti, non solo queste linee guida sono contraddittorie e scientificamente discutibili, ma sono anche incostituzionali, in quanto invitano le mense a non concedere menu diversi per ragioni etiche, culturali e religiose.
Attendiamo i doverosi sviluppi con non poco amaro in bocca.
Aggiornamenti al 20 febbraio
In seguito a un colloquio della dottoressa Luciana Baroni, presidente di SSNV, col direttore dell’Ufficio 5 (Nutrizione e informazione ai consumatori) del Ministero della Salute, dott. Giuseppe Plutino, è emerso che continuerà a essere rispettato il diritto di scegliere il proprio menù per motivazioni etiche, culturali e religiose, senza bisogno di certificati medici, come avviene adesso. Se dovessero sorgere problemi, la dottoressa invita a scrivere a info@scienzavegetariana.it.