Le università cambiano i menù per inquinare di meno

Inizia l’anno accademico e spuntano i primi atenei che mettono al bando la carne per contrastare l’emergenza climatica. Questi sparuti innovatori sono visti come pionieri in tutto il mondo, condividono le best practices per agevolare il cambiamento e, soprattutto, ispirano a fare di meglio.

Sappiamo che l’industria zootecnica è responsabile di una cospicua fetta di emissioni di gas serra e sappiamo che, in un modo o nell’altro, dovremo rivedere di molto il nostro consumo di proteine animali per evitare il collasso del sistema alimentare.

“Non vogliamo dire alla gente cosa mangiare, ma sarebbe davvero utile, sia per il clima sia per la salute umana, se le persone di molti paesi ricchi consumassero meno carne e se i politici creassero incentivi adeguati in questo senso.”

Hans-Otto Pörtner, ecologo e codirettore del gruppo di lavoro dell’IPCC su impatti, adattamento e vulnerabilità.

Gli incentivi tardano ad arrivare, ma qualcuno con lo sguardo proiettato al futuro ha iniziato a muoversi. Abbiamo già parlato del Meatless Monday di New York o della settimana di azione in Germania, ma ora a scendere in campo sono gli atenei. Il terreno delle università non potrebbe essere più fertile, dato che si rivolgono a millenials e generazione x, ossia a quella fetta della popolazione mondiale che più è sensibile al tema del consumo etico e che cerca alternative alla carne, secondo le indagini di mercato.

Londra e Coimbra: who’s next?

L’Università di Goldsmiths, a Londra, ha annunciato che non servirà più la carne rossa dal mese di settembre 2019. Promuovere un’alimentazione a base vegetale è la prima azione intrapresa con l’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2025, la più semplice (come raccomandato anche da una pubblicazione dell’Università di Oxford) e la più facilmente imitabile dagli altri atenei. Come atteso, i primi segnali non sono tardati ad arrivare.

Il rettore della più antica università portoghese, quella di Coimbra, ha deciso di eliminare la carne rossa per azzerare le emissioni entro il 2030 (immediatamente supportato dall’associazione accademica), mentre un gruppo di studenti americani ha lanciato una petizione per chiedere che anche l’Università della California segua l’esempio londinese. Chi sarà il prossimo?

I primi risultati sorprendenti

La prima a sviluppare un progetto di sostenibilità ambientale è stata l’Università di Cambridge nel 2016. Il piano prevedeva azioni sotto diversi fronti, cibo incluso. Tra i punti chiave della loro Food Policy rientrano l’eliminazione della carne di bovini e altri ruminanti (considerata la più impattante sul clima), la riduzione del consumo di prodotti lattiero-caseari e la promozione di cibo a base vegetale.

Dopo tre anni, i risultati parlano chiaro: riduzione dell’impronta ecologica (-33% di emissioni di gas serra e -28% di consumo di terra per kg di cibo), riduzione dello spreco alimentare, aumento delle vendite e aumento dei profitti.

Una win-win situation, ottenuta grazie alla collaborazione con un team di esperti della transizione dei menù, per non lasciare nulla al caso. Il servizio proposto è quello che offriamo anche noi: corsi di cucina per imparare nuove strabilianti ricette di cibo plant-based, un display strategico delle pietanze in mensa e una denominazione dei piatti più efficace e creativa. Basta così poco? Provare per credere.


Valentina Taglietti

Food policy manager

Laureata in Biologia applicata alle Scienze della Nutrizione, si occupa di divulgazione ed educazione alimentare. Coordina il progetto MenoPerPiù, nel quale gestisce i rapporti istituzionali e con le aziende, lo sviluppo dei progetti e la comunicazione digitale.